Due parole sulla Roubasienne

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Gennysampei
view post Posted on 14/9/2013, 20:07 by: Gennysampei




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La pesca alla Roubaisienne, nata diversi anni fa in Francia nella città di Roubaix da cui ha preso il nome, ha riscosso un grande successo soltanto dopo gli anni ’70 tanto da essere stata la pesca d’eccellenza negli anni ’90 tra i garisti, accanto all’Inglese e alla Bolognese. Si ricorda in proposito la clamorosa vittoria del 1986 in cui gli italiani batterono i padroni di casa (i francesi) nelle difficili acque del Reno a Strasburgo.
Il classico ambiente per la pesca alla Roubaisienne sono le sponde pulite dei fiumi e i carpodromi, acque profonde e con grossi spazi a disposizione per poter gestire al meglio canna e attrezzature. Molto precisa, questa tecnica permette di pescare ad una certa distanza, con una ferrata prontissima, servendosi di lenze molto più corte della canna (giusto la distanza vetta-galleggiante-fondale) e dai diametri assai ridotti.
La canne da pesca utilizzate (Roubaisienne) sono ad innesti, dotate di un elastico ammortizzatore nella sottovetta, che consente di stancare il pesce in fase di combattimento e di un apicale per l’aggancio del monofilo. Sono realizzate con materiali leggerissimi, come il carbonio e il nanolith, da cui dipende anche il loro notevole prezzo e possono raggiungere una lunghezza che varia dagli 8m ai 15m.
L’azione di pesca consiste sostanzialmente nel far scorrere la canna su di un rullo stabilmente collocato alle spalle del pescatore, rullo che ne consente il montaggio in fase di innesco e lo smontaggio in quella di cattura. Una volta stabilita la lunghezza della lenza (in media 1,5m in più del fondale) si sonda la profondità del fondo servendosi di un’apposita sonda da montare sull’amo e da immergere con un movimento a pendolo, operazione di estrema importanza.
Il “lancio”, termine un po’ improprio da utilizzare, si effettua di solito frontalmente o con una leggera angolazione verso monte nel caso di correnti, quindi si tiene la canna parallela alla superficie dell’acqua col cimino che quasi la va a toccare. La ferrata si ottiene semplicemente sollevando la canna, aiutata dalla sua rigidità e dalla ridotta distanza tra cimino e e galleggiante, mentre la fase di recupero prevede, con l’aiuto dei rulli, il disinnesto della punta fino all’altezza stabilita in partenza. Il pesce catturato gettato nella nassa potrà poi essere liberato in un secondo momento secondo l’approccio tipico del “catch and release”.
La pesca alla Roubaisienne non è una tecnica particolarmente difficile, ma come tutte necessita di allenamento e costanza per l’apprendimento (per gradi), soprattutto riguardo la fase di recupero, che richiede una grande abilità.
Le prede solitamente sono: cavedani, barbi, lasche e carpe da adescare servendosi di bigattini o mais anche attraverso la loro pasturazione, ma senza esagerare. La pasturazione infatti deve essere a grana grossa, dai colori tendenti al giallo-bruno cui saranno aggiunte le esche, quindi dovrà essere appallottolata e lanciata con assoluta precisione nel punto dove decideremo di pescare.
Tra gli accessori è importante che non manchino: panier-siège ovvero la panchetta, indispensabile per stare comodi, rulli di scorrimento, forcelle d’appoggio, reggipunta, guadino a maglie strette, nassa, fionde e bicchierini per la pasturazione. Inoltre spesso in fase di acquisto unitamente alla canna è fornito un kit contenente punte di riserva (di solito di 4-5m) che permettono di avere diametri diversi di elastici e prolunghe (di 1-1,5m).

Galleggianti: di solito inferiori ad 1g
Monofili: sottilissimi, anche 0,06
Ami: piccoli, sottili ed appuntiti (n. 22-24)
Piombi: pallini spaccati dai 0,12g ai 0,30g
Esche: bigattini, mais
 
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